MARVEL IT
16
ALI NERE DI PIPISTRELLO
Di
Igor Della Libera
Quale è il giorno più felice di
una coppia? Quello in cui, mano nella mano, possono andare ad osservare il
frutto del loro amore. Janine e Roger pensavano
proprio questo mentre camminavano verso la nursery, lui vestito in giacca e
cravatta, la divisa del suo lavoro come addetto stampa di una ditta di
scatolame, e lei in camicia di notte e ciabatte, l'abbigliamento di chi non era
ancora stato dimesso dall'ospedale.
Si sorridevano con le labbra e con
gli occhi. Janine aveva un viso sottile che
contrastava con quello paffuto di Roger. I suoi passi rafforzati dalle suole
dei mocassini eleganti coprivano quelli leggeri di lei. Quando arrivarono al
piano dove erano tenuti i bambini appena nati c'era più confusione di sempre e
i medici stavano parlottando con dei poliziotti. Uno di questi, incurante
dell'effetto, mostrava la pistola infilata nella fondina. L'altro era più
discreto, ma masticava con nervosismo una gomma. Uno degli infermieri notò l'arrivo
di Roger. Lo conosceva per averci fatto due chiacchiere durante una precedente
visita al suo primogenito. Andò da loro facendo capire che non potevano
entrare. Roger si arrabbiò, c'era suo figlio lì e non avrebbe sentito ragioni,
sarebbe andato anche all'inferno e ritorno pur di passare quel blocco e sapere
cosa stesse succedendo.
-Non posso dirtelo, a dire il vero
non lo sappiamo nemmeno noi. Sta arrivando anche la signorina Jefferson, la
capo reparto- poi si lasciò scappare qualche parola di troppo, di quelle che
senza spiegazione, fanno più male -alcuni bambini sono... scomparsi.
Si trovò addosso le mani di Roger,
mentre Janine si accasciava su una delle sedie in
plastica e le braccia cadevano verso il basso come fosse morta. Non riusciva
nemmeno a piangere, a gridare. Stava soffrendo dentro, ma il dolore non usciva.
I poliziotti intervennero
separando i due uomini. Roger veniva trattenuto da quello della gomma e sentiva
il fastidioso ruminare a pochi cm dal suo orecchio. L'altro gli puntò il dito contro,
mostrando una patacca da sceriffo del far west.
-Pestarsi non serve a niente...
lei deve essere uno dei padri...
-Uno dei padri? Adesso mi dite
tutto o chiamo qualcuno che sappia fare il suo lavoro.
-Abbiamo appena iniziato...- si
giustificò senza successo.
-Mio figlio è scomparso, è appena
nato e qualcuno l'ha portato via da dentro un ospedale e voi state lì con
quella faccia a dirmi che siete ai preliminari...
Roger non ci vedeva più dalla
rabbia, non pensava lucidamente, inveiva e attaccava. Era un modo per non
riflettere su quanto accaduto, per lasciarsi trasportare oltre. Il poliziotto
faticava a trattenerlo.
-Vista la situazione saremo i
primi a chiamare i federali... quello che è successo in quella stanza non ha
nulla di normale. E' un rapimento strano in tutto.
-Mio figlio mi è stato portato via
e voi continuate a parlare come se non fosse successo, mia moglie è distrutta e
voi parlate di tutto questo come se ci avessero rubato in casa. Quando
pensavate di dircelo...e agli altri genitori?!!!
-Devi calmarti Roger. Siamo
sconvolti quanto te. Prima di avvisarvi dovevamo comunicarlo alla polizia, lo
Sceriffo è arrivato subito...
-Posso vedere di cosa state
parlando tutti... quanti bambini hanno rapito? Come hanno fatto. Siamo in un
ospedale cristo santo.... c'è sempre gente qui...
Roger fece per muoversi verso la
nursery, ma i poliziotti gli sbarrarono la strada.
-E' meglio per lei se non vede...
non vuole vedere glielo assicuro.
-Lo deciderò io dopo aver visto.
-Adesso torni da sua moglie, la rincuori...
le prometto che ritroveremo suo figlio e gli altri...- disse lo Sceriffo
sentendosi in colpa per la situazione e soprattutto sapendo per primo che lui
avrebbe fatto ben poco.
L'infermiere accompagnò la coppia
all'ascensore. Lo sceriffo e il suo vice vennero raggiunti dal responsabile
dell'amministrazione, un ometto con degli occhiali rotondi più grandi di lui, e
dalla capo reparto che era stata strappata ad un'attività assai diversa da
quella ospedaliera a giudicare dall'abito che indossava: un tailleur rosso
fuoco e dei tacchi vertiginosi.
-Sono arrivata appena ho potuto,
ero fuori città. Spero di non aver capito bene.
-E' proprio come le ho detto al
telefono... sono stati rapiti sei neonati. Abbiamo cercato di tenere la cosa
segreta, ma i genitori di uno di loro sono saliti a vedere il bambino... e non
siamo riusciti a nascondergli la verità.
-Male adesso potrebbero già essere
al telefono con i giornali locali.- il responsabile dell'amministrazione si
incupì e i suoi occhi sembrarono esplodere dietro le lenti enormi.
-Un infermiere conosce il padre
bene, cercherà di spiegargli che avvertire la stampa, diffondere la notizia è
il peggio che potrebbe fare in questa situazione.
-C'è il loro figlio di mezzo, in
questo caso i genitori sono le persone meno adatte con cui ragionare e cercare
di spiegare quale è la cosa migliore da fare. L'ospedale non uscirà bene da
questa storia- ammise la donna vergognandosi un po' del suo abito, del trucco
che contrastava con la tragedia.
-Chiameremo i federali. La faccenda
è troppo grossa per noi provinciali.
-Fatemi vedere.- disse infine la
donna precedendo tutti nella nursery.
I neonati in tutto erano una
dozzina, numero piuttosto rilevante di nascite tenendo conto di quello esiguo
degli abitanti della città di Farrow Creek. Ne avevano rapiti la metà. Entrando
un odore di incenso forte e di altro non identificabile colpì la capo reparto
che ebbe una sensazione di nausea. Corse verso le culle vuote. A parte
quell'odore non c'erano segni di effrazione eppure in qualche modo i rapitori
erano entrati e avevano strappato ai loro genitori quei piccoli innocenti,
troppo puri per essere colpevoli di qualcosa.
-Come diavolo hanno fatto? Che
storia ci inventeremo? Sembra che siano stati aiutati da qualcuno dell'ospedale
e questa è l'ultima cosa che deve arrivare alla stampa, meglio qualsiasi altra
ipotesi. L'ospedale già rischiava la chiusura... rapire dei neonati... cosa ci
può essere di peggio per la carriera di qualcuno...- disse pensando di farlo
tra se e se. La lasciarono lì a fissare oltre il vetro il suo fallimento con
nell'aria l'odore di incenso che stagnava.
***
Farrow Creek era una di quelle
città di cui scoprivi l'esistenza solo fermandoti davanti al cartello che ne
indicava la direzione. Mancavano tre miglia al centro abitato e il cielo
coperto di nuvole e scure sembrava una vecchia cataratta. Lo guardai e pensai
che al mio socio dal teschio infuocato la pioggia piaceva meno che a me. Il
tempo di concludere il mio dialogo interiore e già le prime, e forse erano anche
le ultime, case di Farrow Creek si profilarono davanti a me. Era come se fosse
scattato il coprifuoco. La strada era deserta. Il semaforo appeso in alto come
un impiccato passava velocemente dal rosso al verde come se ci fosse del
traffico da gestire. Le insegne luminose di qualche negozio sfidavano la
desolazione della main street.
L'unico rumore era il brontolare minaccioso sopra di me.
Iniziai a percorrere l'asfalto
butterato buttando l'occhio a destra e a sinistra. Incontrai solo serrande
abbassate, finestre buie di negozi che non sembravano in attività da tempo,
fino a quando il paesaggio spettrale non si animò improvvisamente di voci.
C'era una specie di pub circondato da macchine che puntavano i loro paraurti
verso l'edificio, che ricordava un locale inglese.
C'era una lampada che pendeva
sull'ingresso e un insegna che non era altro che una tavola di legno con delle
scritte in vernice rossa.
-Almeno qui troverò una birra e
qualcuno che non sia un fantasma.- riflettei tra me scendendo dalla moto. Mi
avviai all'ingresso. Lo sentii prima di mettere piede dentro il pub che
qualcosa non andava, un’onda di rabbia e negatività che mi arrivò addosso e
solo i guanti da motociclista che mi coprivano le mani impedirono alla gente
che assiepava il locale di vedere le vene sui dorsi e sul polso illuminarsi
attraversate dal fuoco infernale.
Avevo l'impressione che tutta
Farrow Creek fosse in quella stanza. La cosa che un po' mi lasciava perplesso è
che non c'era la solita fauna da pub che ti aspetti da un piccolo paese,
ubriaconi, perditempo etc. Quella dove ero finito sembrava più una riunione di
condominio o l'incontro che si fa nelle scuole con i genitori.
Le voci creavano una confusione
cacofonica, ma ero arrivato nel momento in cui quello che doveva essere il capo
di quel popolo, attraversò la sala per andare sul fondo e togliere da un'asta
un microfono. Dopo averlo provato con dei piccoli colpetti di dita, la sua voce
si amplificò al massimo e tutti, sentendola, si zittirono.
-Un attimo di silenzio prego.- attese
qualche altro secondo – sappiamo tutti la ragione perché ci siamo riuniti qui,
è qualcosa che mi dispiace ricordare perchè so che
molti di voi mai supereranno la rabbia e il dolore. Quello che vorrei farvi
capire è che in questa notte un'altra cosa non deve essere dimenticata. La
speranza che i vostri figli possano tornare da voi e che il bastardo che li ha
rapiti possa finire all'inferno.
Ecco spiegato perché teschietto aveva una gran voglia che lo lasciassi libero,
aveva fiutato nell'aria la sofferenza di queste persone, causata da qualcuno
che avrebbe meritato lo sguardo della penitenza e un massaggio a base di catene
infuocate. Andai al bancone, mentre nessuno interrompeva più e anche gli ultimi
focolai sonori si erano spenti.
-Una birra ghiacciata- chiesi al
barista che non fece la solita faccia di chi non vedeva stranieri.
Me la preparò in fretta
schiumandola ben bene. Ne avevo proprio bisogno. Avevo un'altra sete da
soddisfare.
-Cosa sta succedendo qui? Chi sono
queste persone?
-Sei capitato in un brutto momento
straniero, io ho già visto scene simili e non sono mai finite bene.
-Dalle facce che hanno qui dentro
sembrano sul punto di accendere delle torce e appuntire dei forconi.
-Il mostro che vogliono se lo
meriterebbe. Loro sono sicuri di sapere dove trovarlo, ma io temo che la
vendetta si sporchi del sangue di qualcuno che non c'entra niente.
-Stanno parlando di bambini
rapiti. Argomento delicato. E' successo di recente? Non dovrebbero esserci dei
poliziotti ad indagare e soprattutto a non permettere che ci si faccia
giustizia da soli?
-Parli bene straniero, ma tu non
puoi sapere cosa sta passando nella testa di queste persone, dei genitori che
hanno visto il loro primogenito scomparire e di chi li sostiene un po' perché
crede in qualcosa di superiore alla giustizia degli uomini di legge, un po'
perché da queste parti una caccia all'uomo serve a spezzare la monotonia.
-Bel posticino, fortuna che sono
così presi a pianificare corde insaponate, altrimenti avrebbero messo anche la
mia testa su una picca.
-Sei simpatico straniero. Un'altra
birra la offro io.
-Speriamo che non l'hai corretta
con un sonnifero come in un brutto film horror.- mi voltai e vedendo quella
gente che parlava e soprattutto alcune donne che erano sul punto di piangere,
mi sentii un po' un verme a scherzare con il barista. I loro bambini erano
stati rapiti. Avrei dovuto offrirmi per dare una mano. Il barista non mi
rispose, riempì il bicchiere e ci passò sopra una spatola per livellare la
schiuma.
-Eccola senza sonnifero. Stai guardando
quella gente come se avessi in mente qualcosa. Lo vedo nei tuoi occhi.
-Sei strano barista. Io ho avuto a
che fare con gente strana. A dire il vero una volta c'e stato un’altro dietro
un bancone che mi offriva da bere e poi si è rivelato essere il diavolo. La
birra mi sarebbe costata cara se non avessi già venduto l'anima ad un suo
amico.
-Non sono il diavolo. Mi definirei
più una visione, una specie di ologramma partorito dalla tua mente.
Queste parole mi arrivarono addosso come un
secchio di acqua gelata. Almeno questa volta non stavo chiacchierando con un
senza mente e l'argomento non era il buco nel mio recente passato che stavo
riempiendo a fatica.
Mi sentii spintonare, ma il
barista era fermo. Stavo tornando alla realtà e questa si presentò con il muso
duro di un cagnaccio che mi ringhiava contro. Nel locale c'era quella gente, ma
nessuno si trovava dietro il bancone. Mi ero immaginato tutto, anche le birre.
Ero rimasto seduto sullo sgabello a parlare con le bottiglie stipate nello scaffale.
A tenere il cane c'era un uomo massiccio con una maglietta che era un arazzo di
sudore.
-Hai uno di quei cazzo di
auricolari o sei un pazzo che parla da solo? Non stai simpatico al mio cane e
sei capitato in una festa privata.
-Tolgo il disturbo. Immagino che
sia fuori discussione avere una birra.
-Immagini giusto.
Non so perché lo dissi, forse
perché mi spinse a farlo Ghost Rider.
-Posso aiutarvi con i rapimenti
dei bambini.
Il cane ringhiò più forte e lo
fece anche il padrone.
-E cosa cazzo ne sai tu dei
rapimenti? Sai anche che tra i scomparsi c'è mio figlio? Non mi sembri uno
sbirro.
-Giro per l'America e mi capita di
risolvere i problemi della gente. Voi ne avete uno e state pensando alla
soluzione sbagliata.
Attesi che facesse qualcosa, ero pronto
a deviare il pugno o a dimostrare al suo cagnaccio che ero un osso troppo duro
da mordere. Dietro di lui la gente si era calmata, anche il portavoce con il
microfono. Forse avevo fatto breccia in loro.
-Lo sceriffo non è riuscito a
cavare nemmeno un ragno dal buco, i federali sono ancora in giro, ma non si
danno molto da fare, anzi è come se anche loro sapessero chi c'è dietro e
avessero paura di andarlo a prendere.
-Fatemi capire- dissi -voi sapete
chi ha rapito i vostri figli? Lo sapete o lo sospettate e basta?
-Parli come i federali.
-Loro hanno bisogno di prove per
bussare ad una porta io no.
-E tu cosa saresti in grado di
fare?
-Di scoprire se il vostro sospetto
è colpevole, nel qual caso vi prometto che pagherà le sue colpe. Di più non
posso dirvi.
***
Il mio obiettivo si chiamava
Thomas Neywa. Un curriculum di manager di alto
livello alle spalle e una carriera ancora più importante nel comitato direttivo
della Roxxon Oil prima delle recenti ristrutturazioni
(1) davanti a lui. Il suo profilo corrispondeva ben poco con quello del
rapitore di neonati. I genitori mi avevano mostrato una specie di dossier che
era stato mandato a loro da una fonte anonima. Alcuni degli abitanti di Farrow
Creek riunitisi nel pub diffidavano di quel tipo di informazioni, ma era
indubbio che gli articoli contenuti e alcuni file riservati tratteggiavano un
altro Thomas Neywa.
Una figura dai contorni più
ambigui e oscuri e il fatto che da pochi mesi si fosse insidiato nella stanza
dei bottoni della Roxxon Oil contribuiva a riempire
quell'immagine di altro nero. Era facile immaginare come un uomo nella sua
posizione fosse stato in grado di mettere una museruola ai poliziotti locali e
a sistemare dei bastoni tra le ruote dei federali facendo saltare l'inchiesta
sul nascere. Mentre andavo alla villa che possedeva nella vicinanza di Farrow
Creek e che i file indicavano come il luogo in cui il Thomas Neywa manager affermato lasciava spazio alla sua altra
identità, quella di un pazzo che rapiva dei neonati per qualche misterioso
scopo, continuavo a chiedermi se il sospetto numero uno non fosse stato
incastrato da chi aveva seminato quelle invitanti briciole di pane che
portavano dritto a lui. Dubbi che iniziarono a sparire man mano che mi
avvicinavo alla grande casa sulla collina. Loro sparivano, ma non il mal di
testa dovuto al Ghost Rider che picchiettava
dall'interno del cranio. Era come se stesse appendendo dei quadri nel mio
cervello. Forse voleva cambiare l'ambiente, mettersi più a suo agio visto che
la nostra relazione come un matrimonio, dopo il fuoco della passione iniziale
si stava livellando su una routine di mutuo rispetto. Ero riuscito a
strappargli alcune concessioni, ad avere un po' di controllo durante le
trasformazioni. Lui invece rispetto ad un tempo si faceva sentire di più.
Funzionava come una specie di sesto senso infernale e fin'ora “orbite vuote” ci
aveva visto giusto. Ecco perchè l'ultima emicrania
che mi colpì quando stavo per suonare alla porta di Neywa
spazzò via anche l'ultimo dubbio sul fatto che fosse innocente. Ora però dovevo
scoprire quanto era colpevole.
Scesi dalla moto e la condussi a
piedi lungo il grande giardino che portava all'ingresso. Una voce femminile
frizzante come un ottimo champagne mi aveva detto che il signore era in casa e
che, contro ogni logica, mi avrebbe ricevuto nel suo studio. Dovevo ammettere
che Neywa aveva gusto nella scelta del personale. La
voce che avevo sentito aveva il volto da modella di una giovane ragazza vestita
come un maggiordomo all'inglese. Mi resi conto che le mie aspettative prima di
arrivare alla villa erano dettate dai troppi film della Hammer
visti a pagamento nei troppi Motel che avevano sostituito la mia casa negli
anni del Ghost Rider. In quelle pellicole la porta
d'ingresso di ville e manieri scricchiolava e sulla soglia compariva sempre
qualche tipo vecchio e spiegazzato come un papiro e aveva sempre la voce roca.
La giovane mi accompagnò in silenzio allo studio di Neywa.
Era come se Thomas si aspettasse la mia visita, di certo si era preoccupato di
preparare due bicchieri. Mi fece accomodare prima di darmi il mio. Per essere
un manager aveva un fisico atletico, la mascella squadrata e gli occhi
profondi. Vestiva un completo elegante. I nostri bicchieri tintinnarono senza
che avessi capito bene a cosa stessimo brindando.
-Sta andando tutto come era stato
previsto dai miei analisti sciamanici.
-Per la cronaca, visto che non
l'ha chiesto, io sono Johnny Blaze e la mia non è una
visita di cortesia.
-E' qui per sapere se mi sono o no
macchiato dell'orribile crimine che ha turbato questa sonnolenta contea.
Trangugiai il liquore. Il Ghost Rider non mi aveva dato nessuna grattatina
ai neuroni così intuii che non ci fosse del sonnifero o peggio.
-E' una persona che arriva subito
al punto. Mi piacciono, mi aiutano a risparmiare tempo.
-Cosa si aspetta che le dica?
Vuole che metta le mani in avanti in attesa delle manette o preferisce sapere perchè io un rispettato e importante uomo d'affari ho fatto
rapire sei neonati dall'ospedale di Farrow Creek?
-La seconda è più interessante.
Quello che non capisco è il gioco a cui sta giocando o almeno prova a farlo.
-Io gioco solo per vincere.
Mi alzai dalla sedia, non mi
piaceva quel tono. Stava confessando un crimine, si stava mettendo con le
spalle al muro eppure non mi fidavo.
-Cosa sa dei demoni signor Blaze?
-Ho l'impressione che sia una
domanda trabocchetto e che gli sciamani analisti le abbiano anche detto che
oggi sarei arrivato a bussare alla sua porta. Non mi ha chiesto chi fossi perchè lo sapeva già.
-Le carte sono scoperte.
-Le mie, non le sue signor Neywa. Se sa chi sono, sa anche che non mi può comprare
come ha fatto immagino con l'ospedale, con i poliziotti e i federali. Io sono
qui perchè i genitori a cui ha portato via i figli
abbiano giustizia.
Si avvicinò alla scrivania e si
sedette su una sedia di pelle rossa con degli intarsi dorati nello schienale in
legno.
-In effetti ungere certe ruote
nell'ospedale è stato utile perchè i miei uomini
avessero via libera anche se lo è stato di più utilizzare degli incensi
speciali in grado di aprire dei passaggi. Una sorta di teletrasporto magico.
-Perchè ha rapito quei sei neonati? Sono ancora vivi?
-Se si sta chiedendo se sono uno
di quei ricchi perversi che indulge in pratiche sessuali con dei bambini che
sono poco più che feti sviluppati, si sbaglia. Quei bambini sono serviti per
una causa superiore, per punire degli esseri che tempo fa si sono macchiati di
crimini terribili tra cui la morte della mia famiglia. Si signor Blaze, a muovermi non è stata altro che la vendetta.
-So parecchio sull'argomento. Non
c'è nessun fine che può giustificare anche minimamente il mezzo che ha usato. I
bambini sono ancora vivi?
-Lo sono. Vorrei che anche lei
presenziasse al rito di imprigionamento, d'altronde oltre ad essere un luminare
nel campo della vendetta lo è anche in quello dei demoni prigionieri di
involucri umani.
-Cosa le fa credere signor Neywa che io adesso non mi alzi, non diventi qualcuno di
molto più cattivo e non guardi così' in profondità dentro di lei da strappare
la sua anima e bruciare ogni suo peccato?
-Il fatto che alla Roxxon Oil abbia sempre tenuto la direzione della ricerca
sulle fonti di energia alternative, non sto parlando di pale mosse dal vento o
pannelli che raccolgono il sole, ma di forze soprannaturali come il fuoco
infernale che le scalda le vene signor Blaze.
Provai ad innescare la
trasformazione, ma anche se le dita si contrassero e gli occhi strabuzzarono
non successe nulla, la carne non scivolò via e le ossa non si incendiarono.
-Cosa mi ha fatto? C'era qualcosa
nel liquore? Perchè il mio sesto senso non ha
funzionato?
-La risposta è una sola e riguarda
un antigene che abbiamo studiato per inibire letteralmente “le fiamme
dell'inferno” e controllarle. Ovviamente lei ne ha ingerito insieme al mio
malto invecchiato una quantità sufficiente a rendere impossibile la sua
appariscente trasformazione.
-Qualcosa mi dice che dovrò
starmene buono ad ascoltare la sua storia strappa lacrime.
-Sono sicuro che la troverà di suo
gradimento.
-Mi risparmi i “c'era una volta”.
Neywa si versò dell'altro liquore, ma il mio bicchiere rimase
vuoto. Avevo già buttato giù la mia condanna. Iniziò a parlare, ma io almeno
all'inizio pensai a come ero stato ingannato. Avevo un'idea al riguardo di
quelle informazioni. Se sapeva dai suoi analisti maghi che sarei arrivato
allora aveva bisogno che io conoscessi la triste storia di quelle famiglie, dei
loro figli strappati dal reparto maternità, solo così avrei preso la mia moto e
sarei venuto qui.
-Non mi ascoltando signor Blaze, non mi obblighi a iniziare di nuovo dall'inizio.
Qualcosa avevo sentito. Ero come
uno studente preso in castagna che si salvava in corner.
-Non serve, stava andando ad un
cinema del Village di New York con i suoi genitori...
quando è capitato qualcosa, qualcosa che l'ha cambiata a tal punto da diventare
un pazzo che rapisce i bambini.
-Quello che non le ho detto è che
mio padre al tempo era nel consiglio direttivo della Roxxon,
come io lo sarei diventato in seguito, e che era a capo di un'operazione per il
controllo di certi manufatti, il più importante dei quali era la corona del
serpente. Quella sera era una delle poche che poteva passare con la sua
famiglia. Avevo scelto io il film. Mia madre per l'occasione si era imbottita
di pillole tanto da assomigliare ad un essere umano normale.
-Un bel quadretto.
-Non eravamo una famiglia felice,
ma la ricchezza il prestigio e i segreti di mio padre bastavano a cementarla, a
creare la maschera di falsi sorrisi e rapporti quasi normali dietro cui ci
nascondevamo.
-Adesso so da chi hai preso.
-Il film era finito e siamo usciti
dal cinema. C'era un vicolo abbastanza illuminato che portava verso la strada
principale. Li avremmo preso un taxi come all'andata.
-Scommetto che non siete mai
arrivati al taxi.
-Solo uno di noi tre ce l'ha
fatta.
-Cos'è successo?
-Mio padre aveva trascurato un
fattore importante nelle relazioni professionali, un qualcosa che quando si è capo di qualcosa come la
direzione delle ricerche soprannaturali della Roxxon
Oil, non si può trascurare. Si chiama invidia, quella dei tuoi colleghi di chi
è qualche gradino sotto di te e vuole prenderti il posto. E l'unico modo per
farlo è eliminarti. E se la sua area di ricerca è l'inferno, bastano alcuni
incantesimi di evocazione per avere dei killer spietati sotto il suo controllo.
-E io che pensavo ad una semplice
rapina finita male.
-Qualcosa rubarono, dai corpi
straziati dai loro artigli e zanne, presero le anime dei miei genitori. Mi fu
portato via tutto di loro. I demoni occupati ad uccidere mio padre e mia madre
non si accorsero di me e così fuggii verso il taxi. Solo allora uno di loro mi
vide e mi scagliò contro dei pipistrelli.
-Qualcosa mi dice -aggiunsi
cercando di infastidirlo, di abbassare le sue difese, - che non riuscirono ad
ucciderti.
-Mi rifugiai nel taxi, quegli
esseri dalle ali nere, affilate come rasoi assediarono la macchina. I vetri
stavano per cedere incrinati dai loro artigli e dai canini, ma poi di colpo
delle spire rosse gli allontanarono, avviluppandoli in catene cremisi e
portandoli in alto in quello che era una specie di strappo nel cielo. Lo vidi
male attraverso il finestrino sfregiato, ma poi guardando dall'altro lato della
strada mi accorsi di un uomo in giacca e fui sicuro che fosse stato lui a
salvarmi. Una volta fuori dal taxi non c'era più.
-Qualche volta il bene nuoce più
del male.
-L'ho pensato anche io scoprendo
poi che si trattava del Dottor Strange. Non ho mai
avuto modo di ringraziarlo. Dopo la morte dei miei genitori ereditai le loro
fortune e grazie alle conoscenze di mio padre il suo posto alla Roxxon. Non subito dopo una carriera che mi vide rivestire
ruoli dirigenziali in diverse aziende e anche in organizzazioni finanziarie.
-Immagino che la tua fortunata
carriera sia dipesa da qualche trucchetto.
-L'eredità di mio padre è stata
molto importante soprattutto la parte in cui si faceva riferimento ad una certa
economia magica, ad analisti particolari che avrebbero permesso a chiunque di
fare le scelte giuste, di muoversi nel mercato come se le acque fossero sempre
calme e lisce e non infide e turbolente come sono in realtà.
-Manca ancora un dettaglio, hai
aspettato tanto per la tua vendetta contro chi aveva commissionato la morte di
tuo padre.
-Una volta nella Roxxon ho scovato chi al tempo voleva mio padre fuori dai
giochi e li ho ripagati con la stessa satanica moneta. Ho scoperto però che i
veri mandanti sono molto più in basso. All'inferno qualcuno aveva paura che mio
padre trovasse il modo di rendere scientifici e sfruttabili i poteri
soprannaturali e così si alleò con chi voleva il suo posto. Sono sei i demoni
colpevoli e dopo anni di ricerche e fallimenti ho trovato il modo per fargliela
pagare.
-Sei, come i bambini che hai
rapito
-Esatto. Sono appena nati e
vengono da famiglie pulite oneste, non hanno nemmeno una molecola di peccato.
Sono le prigioni perfette per intrappolare i demoni. La purezza di quelle
carni, il loro animo così candido avrà su quegli esseri dannati lo stesso
effetto che avrebbe su noi umani un bagno nell' acido. Con la differenza che
non si consumeranno mai, che soffriranno in quella carne perfetta per
l'eternità.
-E non pensi a quei poveri
neonati? I demoni ti hanno strappato la tua famiglia... ma tu facendo così
strapperai a degli innocenti la possibilità di averne una loro. Chi ti ha
eletto giudice dei destini altrui. E cosa c'entro io in tutto questo.
-Non l'hai ancora capito Blaze, uno di quei demoni era Zarathos.
Continua...
In questa storia che è un omaggio
voluto ad un personaggio assai famoso di una concorrenza distinta (non sul
terreno della fan fiction dove non esiste più), c'è solo una nota di continuity.
(1)Neywa
si riferisce al periodo che ha preceduto la ristrutturazione societaria della Roxxon Oil che voi
potete trovare sulla serie di Iron Man MIT dal numero
25 in poi.